cinque ragazzi. cinque ragazzi per cinque argomenti: letteratura, arte, musica, cultura e non solo... cinque argomenti in "cinque righe": il pentagramma, un progetto che si propone di accendere la curiosità del suo lettore suggerendo semplici spunti di interesse generale. Discorsi intrecciati l'un l'altro come note musicali che cercano l'armonia uniti dalla stessa "chiave".

sabato 2 febbraio 2013

Edward Hopper: un americano a Parigi

"Great art is the outward expression of an inner life in the artist, and this inner life will result in his personal vision of the world. No amount of skillful invention can replace the essential element of imagination. One of the weaknesses of much abstract painting is the attempt to substitute the inventions of the human intellect for a private imaginative conception."


Ad appena una settimana dal mio arrivo in terra transalpina, Parigi mi accoglie con una nevicata non indifferente, tanto da dover ricorrere all'autostop per raggiungere la metro, causa bus bloccati.
Quando a Parigi arriva la neve, i suoi cittadini si dividono in due categorie: quelli che si buttano con gli sci giù per le strade di Montmartre – ho le prove!- e quelli che passano la domenica a musei.
Dopo essermi bagnato con cura le scarpe nella Butte, decido di passare all'altro fronte.
Ritornando ai Champs-Élysées , per istinto (o per pigrizia?) mi dirigo verso il Grand Palais, attratto da una mostra dedicata ad Edward Hopper. Cosa ci fa un americano a Parigi? Decido di colmare la mia ignoranza: con un ridicolo francese chiedo un biglietto ed entro.

Nato esattamente 131 anni fa a Nyack, piccola cittadina nel sud-est dello stato di New York, da genitori borghesi, Hopper sviluppa già dall'età di 5 anni notevoli capacità artistiche.

Nel 1895 arriva il primo quadro: Rowboat in Rocky Cove, mentre Quattro anni dopo viene spinto dal padre a frequentare un corso per corrispondenza presso la New York School of Illustrating, nella speranza di tradurre le sue capacità artistiche in lavoro.

L' anno dopo Hopper s'iscrive alla NY School of Arts e ci studia sei anni sotto la fondamentale supervisione di maestri come William Merritt Chase e Robert Henry.

A parte il clima stimolante che l'artista ha occasione d'incontrare, la vera influenza sulla sua personalità artistica viene esercitata dagli insegnanti, che lo spingono a copiare le opere esposte nei musei e ad approfondirne gli autori.

In Hopper si svilupperà il gusto per una pittura ordinata, dal tratto nitido e lineare. Questa impostazione, che ad un primo esame potrebbe apparire accademica, in realtà è coniugata (nell'intento degli insegnanti e poi fatta propria da Hopper), da un rapporto critico con le regole, che spinge e invoglia il giovane artista a trovare una propria strada personale in base alla propria sensibilità.
E qui arriva Parigi: dopo il conseguimento del diploma e il primo impiego da illustratore pubblicitario alla C. Phillips & Company, Hopper nel 1906 intraprende il suo primo viaggio nella capitale Francese dove rimane fortemente colpito dalle opere di Rembrandt, quasi ignorando il fermento cubista di quegli anni. Ci ritornerà nel 1909, dipingendo a Saint-Gemain e a Fontainebleau e sarà amore per sempre con l'impressionismo: oltre a questo c'é l'influenza del Courbet paesaggista, la modernità di Degas, le coreografie galanti e l’uso del colore di Watteau, e ancora Goya e Cézanne. Gettate queste basi per un'arte realista, arrivano i primi capolavori come Summer interior (1909) e Soir Bleu (1914), tutte opere che mettono in evidenza la sua tecnica elegante e quel “senso di incredibile potenzialità dell’esperienza quotidiana” che riscuote grande successo e che segna l’inizio di una felice carriera. 





Fin dagli esordi della sua carriera artistica, Hopper è interessato alla composizione figurativa urbana e architettonica in cui inserire un unico personaggio, solo e distaccato psicologicamente, come se vivesse in una dimensione isolata. Inoltre il suo genio artistico gli ha permesso di costruire una tavolozza coloristica del tutto originale e riconoscibile. Lo studio degli impressionisti poi, e in particolare di Degas, gli infonde il gusto per la descrizione degli interni ed un uso dell'inquadratura di tipo fotografico.
L'estrema originalità di Hopper è facilmente verificabile se si pensa che il clima culturale europeo dell'epoca vedeva agitarsi sulla scena diverse tendenze certamente avanzate e rivoluzionare ma anche, talvolta, forzate da avanguardismo. ll ventaglio delle opzioni che un artista poteva abbracciare ai primi del novecento andavano dal cubismo all'astrattismo. Hopper invece, predilige rivolgere il proprio sguardo al passato appena trascorso, recuperando la lezione di importanti maestri quali Manet o Pissarro, Sisley o Courbet, riletti però in chiave metropolitana e facendo emergere, nelle sue tematiche, le contraddizioni della vita urbana.


ll ritorno in America sarà seguito da una numerosa serie di acquerelli dipinti tra il New England e il Massachussets , tra i quali spiccano House Fort Gloucester (1925) e House by the Railroad (1926),chiari esempi di un meticoloso studio dell'architettura locale. Una mostra nel 1923 lo consacrerà caposcuola dei realisti della "scena americana".


Tempo, luogo e memoria illustrano al meglio la maturità dell’artista, il suo discreto osservare e soprattutto l’abilità nel rivelare la bellezza nei soggetti più comuni, usando spesso un taglio cinematografico, molto apprezzato dalla critica.

Una luce notturna e violenta, come quella elettrica dei drugstore, dei diner, degli appartamenti semivuoti di un mondo un po’ noir, immobile e malinconica (Nighthawks-1942) ; ma anche zenitale e abbagliante, quella che scalda le facciate in legno delle case e addolcisce i volti appena abbozzati di personaggi solitari, affacciati alle finestre (Cape Cod Morning-1950). Per Hopper è sempre consistente, netta, materica; asservita alle regole della logica compositiva, diventa un potente strumento drammatico del paesaggio americano rappresentato, evocazione di una struggente solitudine, spaziale e umana. Una sensibilità che solo l'Europa poteva donargli.


Hopper è stato per lungo tempo associato a suggestive immagini di edifici urbani e alle persone che vi abitavano, ma più che i grattacieli egli preferiva le fatiscenti facciate di negozi anonimi e i ponti meno conosciuti (From Williamsburg Bridge - 1928).



Tra i suoi soggetti favoriti vi sono scorci di vita nei tranquilli appartamenti, spesso intravisti dietro le finestre, come testimoniano alcuni celebri capolavori esposti: Cape Cod Sunset (1934), Second Story Sunlight (1960) e A Woman in the Sun (1961).



E tutto questo estremo realismo conduce sempre all' irreparabile solitudine umana, ossessione che Hopper si porterà fino alla morte, avvenuta nel 1967.

L'ultimo quadro esposto, Sun in an empty room (1963), è l'emblema di tutto questo: nel suo disorientante vuoto, svuotato di umanità e riempito solo dalla luce del sole, la rappresentazione del maestro ha raggiunto il suo estremo messaggio. La presenza ora convive con l'assenza.  




Esco da Gran Palais e continua a nevicare. Non mi sarei mai immaginato di andare negli States senza muovermi dalla Francia.
M.B.

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